Di Giovanna Ranaldo
Livorno, 27 marzo 2015
I Carabinieri paracadutisti del tuscania. Foto 1° Tuscania
Visita al reggimento. La caserma negli anni non ci appare molto cambiata, si respira sempre la stessa aria intrisa di storia e grandi gesta. A fare gli onori di casa è il comandante dei Carabinieri Paracadutisti, il Colonnello Antonio Frassinetto. Un curriculum di tutto rispetto, con tappe particolarmente autorevoli come quella che lo ha visto impegnato al Quirinale dell’allora Presidente Cossiga, come responsabile della sicurezza ravvicinata della più alta carica dello Stato. Una vita tra baschi amaranto, operazioni speciali, GIS e le missioni estere. Con questi presupposti, l’aspettativa è di quelle che inducono a considerazioni su un piglio più pragmatico, invece il comandante è il connubio perfetto di cortesia e operatività allo stato puro, e di una piacevole capacità comunicativa che di certo agevola la chiacchierata. Si potrebbe rimanere ad ascoltarlo per lungo tempo quando racconta i tratti salienti della storia del “suo” reggimento. Perché come dice lui, “paracadutisti non si diventa, ci si nasce”!
Il comandante del 1° reggimento Tuscania, colonnello Antonio Frassinetto. Foto 1° Tuscania
In che cosa si differenzia il Tuscania rispetto agli altri reparti della 2^ Brigata Mobile?
Il Tuscania ha un’atipicità assoluta, perché è l’unica unità paracadutisti effettiva nell’Arma dei Carabinieri, ed è inserita tra i reparti della 2^ Brigata Mobile, che venne costituita raggruppando tutti i reggimenti che effettuavano servizio inquadrati nella Forza Armata “Esercito”. Già per questo motivo, il Tuscania raccoglie tradizioni, valori, usanze prettamente militari. Sotto il profilo della sua atipicità, diciamo che è un reparto d’élite in supporto al GIS (Gruppo Intervento Speciale), i cui appartenenti provengono esclusivamente dal Tuscania, ed è catalogata come una Forza per Operazioni Speciali, quindi ha delle capacità specifiche che vanno anche al di là del fatto di appartenere semplicemente alle aviotruppe. Capacità che gli vengono riconosciute soprattutto per quanto riguarda gli impieghi in paesi a rischio rilevante, per fornire la sicurezza al personale diplomatico, o alle rappresentanze di sedi diplomatiche ad alto rischio. Ha sempre operato in vari contesti come Initial entry force, cioè (per l’Arma dei Carabinieri) è il primo reparto che viene inviato nelle aperture delle missioni all’estero. Effettua inoltre una sorta di coordinamento, sia sotto egida NATO che sotto Unione Europea, per quanto riguarda tutte le training mission, a partire dall’NTM, NATO Training Mission in Iraq dal 2007 e l’NTM-A, NATO Training Mission Afghanistan, iniziata con una sperimentazione nel 2008 e poi statuita nel 2009 sul territorio afghano o la MIADIT in Gibuti. Il Tuscania è sempre stato l’unità leader della parte di addestramento tattico di queste training mission per le forze locali di sicurezza. Si tratta di un reparto versatile, flessibile, altamente operativo e autonomo, che può proiettare i suoi assetti specialistici a lunghissime distanze.
Prontamente impiegabile?
Sì, prontamente impiegabile, pronto per qualsiasi emergenza o necessità sotto il profilo delle operazioni di reazione immediata. Questo è il Tuscania in poche parole, non tralasciando il fatto che ha una fortissima spinta motivazionale, legata alle sue origini, alle sue tradizioni militari. Siamo coscienti di essere oggi “indegnamente” gli eredi del 1° Battaglione Paracadutisti Carabinieri Reali, che nel 1941 s’immolò quasi totalmente per proteggere, in un bivio strategico, una manovra di ripiegamento di tutte le grandi unità italiane e della Panzer Division[1] tedesca in Cirenaica. Nessuno arretrò di un metro perché l’ordine era quello, e all’epoca Radio Londra, il 28 dicembre del 1941 c’indicò come “i Leoni” (non sapendo che già esisteva la Divisione Folgore), e la denominazione “i leoni del deserto” da allora è un vanto che portiamo con orgoglio.
I Paracadutisti impegnati in un lancio operativo. Foto 1° Tuscania
Un orgoglio che “indossate”: il basco amaranto dei Paracadutisti è un importante simbolo.
Sì il basco amaranto ci venne dato insieme a tutti i reparti che appartenevano alla Folgore nel ’67 e, tuttavia, il basco rappresenta la fratellanza che c’è all’interno dei reparti delle aviotruppe per l’immane sacrificio che venne fatto proprio in Africa settentrionale durante la 2^ Guerra Mondiale. Per noi del Tuscania, il vanto è sempre stato quello di essere i primi in assoluto: i primi a sacrificarsi in battaglia, i primi a essere riconosciuti come reparto organico nell’ambitodelle neonate aviotruppe italiane nel 1940 e il fatto che poi, per primi, riusciamo ad arrivare ovunque all’estero quando veniamo chiamati a operare.
Il reparto sviluppa diverse particolarità, dunque possiamo dire ufficialmente che è una FOS?
Sì è una FOS (Forze per Operazioni Speciali), una risorsa del Comando Generale sia in ambito nazionale che internazionale. Ha capacità di mobilità in ogni ambiente sulle tre dimensioni. Ovviamente come aviotruppe il cielo rappresenta il nostro ambiente, ma ho moltissimi operatori con capacità anfibie e unità esploranti che sanno muoversi su ogni terreno (in ambiente artico, sulle montagne, in ambienti impervi e boschivi); non abbiamo inoltre alcuna difficoltà e soprattutto ci sentiamo a nostro agio quando conduciamo operazioni in aree urbanizzate o altamente compartimentate.
I Carabinieri del Tuscania hanno diverse capacità e sanno muoversi su qualsiasi terreno. Foto 1° Tuscania
Il Tuscania sviluppa compiti militari, di polizia, addestrativi e come “unità di coronamento per le operazioni speciali” (TIER3), di cosa si tratta?
Si tratta di attività che vengono fatte in supporto alle Forze Speciali. Ad esempio il GIS, quando opera comeunità antiterrorismo in patria o all’estero (Un.I.S. nazionale)con assetti altamente specialistici, necessita di una cornice di sicurezza che viene fornita prevalentemente dal Tuscania. Con il GIS si ha una comunione d’intenti, analoghe radici sotto il profilo storico, operativo, nonché una visione per l’addestramento altamente specializzato che si concretizza in maniera molto forte (con complesse esercitazioni ripetute), e ci permette il massimo affiatamento e l’amalgama tra le due unità.Questa è la valenza maggiore che ci consente di dare supporto tattico al GIS quando opera nell’antiterrorismo. Poi possiamo fornire, per altre missioni che sono quelle tipiche inserite nelle operazioni speciali (quindi la Military Assistance, le Special Reconnaissances, oppure nella parte delle Direct action, cioè le azioni dirette su obiettivi che abbiano una valenza non strategica), “supporto operativo” a queste unità che sono sempre catalogate come Forze Speciali. Esse hanno bisogno di questi reggimenti che hanno una forza organica maggiore, che possa garantire loro l’esecuzione del compito minimizzando il rischio operativo.
Quali sono le attuali missioni in cui è impegnato il reggimento?
Abbiamo missioni di natura prevalentemente operativa, quali per esempio la direzione del PAT (Police Advisor Team) in Afghanistan; una missione addestrativa a favore della Polizia somala, adesso è fuori dal teatro del territorio somalo (la facciamo a Gibuti), e conduciamo la stessa attività per la Polizia palestinese, presso l’Accademia Internazionale di Polizia a Gerico, attraverso un accordo tra statunitensi e israeliani, che sono i supervisori di questo addestramento. Altre missioni sono quelle prevalentemente di sicurezza per le sedi diplomatiche a rischio. Sebbene abbiamo sospeso recentemente le missioni che avevamo in Libia e nello Yemen per la situazione in quei Teatri, abbiamo tutt’ora missioni che riguardano la sicurezza dell’ambasciatore in Afghanistan, in Iraq, Libano e Somalia, i quattro paesi ai quali siamo da tempo legati e che ci vedono ancora protagonisti per quanto riguarda la sicurezza delle missioni diplomatiche in aree ad alto rischio.
Il reparto in Somalia. Foto 1° Tuscania
Siete anche stati chiamati sul fronte dell’EXPO 2015, come sarete impegnati per questo evento?
Forniremo supporto al GIS per gli eventi più importanti e dunque saremo schierati in modo specifico. Facciamo già un addestramento congiunto con il reparto speciale, proprio per perfezionare dei meccanismi d’intervento in relazione alle varie esigenze che possano configurarsi ad alto rischio.
Sarete coinvolti anche per gli eventi legati al Giubileo?
Si tratta di decisioni che verranno prese a livello centrale, ma se dovessero chiamarci noi siamo sempre pronti.
Dalle vostre fila attinge anche il GIS, come funzione il meccanismo?
Il primo step è l’accesso al Tuscania, per questo bisogna affrontare un corso che è lungo circa 10 mesi (si parte da settembre e si arriva fino ad agosto dell’anno successivo). Dopo la preselezione dei militari che viene fatta presso i reparti d’istruzione, si accede al corso, che è articolato su due fasi: la prima è una fase che serve per arrivare a formare un Carabiniere Paracadutista con una “basica” istruzione sulle attività di specialità. La seconda fase del corso si sviluppa in altre 155 giornate intensive, mirate a qualificare il Carabiniere Paracadutista “esploratore”, già questo si può considerare il primo passo che permette di conferire uno standard operativo al personale, il quale, fatti due anni minimi presso il Tuscania e impiegato almeno in due missioni, può aspirare, facendo una specifica d’istanza, a essere selezionato per il corso da operatore del GIS con il brevetto d’incursore. Senza questa qualifica di base come FOS non si può entrare nelle FS, le Forze Speciali tra le quali è annoverato il GIS.
Alcuni paracadutisti durante un' attività in Afghanistan. Foto 1° Tuscania
Ricordiamo che nel 1° Reggimento è inquadrata anche una sezione di Paracadutismo sportivo, (tempo fa posta alle dirette dipendenze del Comando Generale) come si sviluppa l’attività?
Sì oggi è posta alle dirette dipendenze del Comando di Reggimento attraverso il reparto addestrativo, anche perché i nostri atleti, rispetto a molte altre discipline sportive, hanno una diretta valenza d’impiego suglioperatori.Ciò significa che i nostri operatori, quando i nostri atleti non hanno competizioni, vengono assegnati alla sezione sportiva in servizio provvisorio, per fare stage di addestramento (comportamento a vela aperta, apertura a bassa quota, atterraggio in aree ristrette o su obiettivi puntiformi, come ad esempio i tetti). Queste tecniche vengono insegnate agli operatori con grande dedizione da parte degli atleti, è fondamentale, perché quello che otteniamo a livello operativo è davvero importante: pochi reparti possono vantare queste attività con infiltrazioni e precisione in ambienti ristrettissimi. I nostri atleti sono anch’essi operatori eccezionali e sono anche i naturali istruttori dei nostri plotoni che vengono chiamati a intervenire con il GIS: per avere lo stesso standard delle unità speciali, ricorro sempre alla loro expertise.
Colonnello, che cos’è la paura per un paracadutista?
Diciamo che è una grande amica, perché un’amica vera può consigliarci in maniera corretta e guidare i nostri gesti quando c’è un’emergenza o una situazione critica. La paura si domina con unaddestramento continuo, dove non si cerca di superare i limiti che abbiamo, perché questi sono insiti nell’essere umano. Chi come noi affronta una professione che ha già in sé un’alta percentuale di rischio, sa bene che deve rispettare non solo le “procedure”, ma usare “accorgimenti di buonsenso” per attenuare questa sensazione e procedere minimizzando i rischi. Senza dimenticare che la paura è la migliore consigliera in molte delle nostre attività, è come se fosse l’”operatore in più” che abbiamo nel nostro team da quattro, da otto, da dodici. Diciamo che è il quinto elemento in ogni nostro team basico per portare avanti nel migliore dei modi, e con il minor rischio possibile, tutto quello che facciamo o che ci viene richiesto.
Il Tuscania... in poche parole! Foto 1° Tuscania
Ma paracadutista si nasce o si diventa?
Sotto molti aspetti, quando selezioniamo il personale analizzando l’ambiente di crescita, la formazione, la situazione familiare e il profilo culturale e personale, ci accorgiamo spesso che è qualcosa che hanno già dentro. Molti di noi avevano questo sentimento insito sin da quando arrivammo nella Caserma “Vannucci”, quindi paracadutisti non si diventa, ci si nasce e ci si rimane per sempre! Basta guardare il legame fortissimo che abbiamo con i reduci o gli ex appartenenti al reparto, gente che non si è mai dimenticata di venire a una cerimonia (anche nel caso avessero più di cento anni sulle spalle), non hanno mai avuto difficoltà a tornare a Livorno, a salutare la loro Bandiera di guerra, perché davvero il sentimento è fortissimo. Ci si nasce e ci si muore.
C’è qualcuno che lo fa indicare perfino sulla lapide…
Sì è vero. C’è stato un reduce della battaglia di Eluet el Asel del 1941 che si è spento pochi giorni fa all’età di 103 anni, il Maresciallo Maggiore Aiutante Gaetano ZINGALI, che lo ha voluto, e fino all’ultimo respiro il suo pensiero è stato per il suo Battaglione Carabinieri Paracadutisti. Questo ci fa capire che abbiamo avuto gente non solo fatta di un’altra pasta, ma gente nata con uno spirito luminoso, pionieri di una storia bellissima delle aviotruppe italiane, che è stata (all’epoca della Divisione Folgore e poi quella dell’attuale Brigata Folgore), e che è ancora tra le migliori grandi unità del mondo.
[1] Panzer-Division è il nome attribuito alle divisioni corazzate dalle forze armate tedesche dalla loro costituzione nel periodo antecedente la seconda guerra mondiale a oggi. Divennero famose e molto temute dal nemico durante la guerra per la loro grande potenza offensiva e difensiva, e rappresentarono il nucleo più solido ed efficiente dell'Heer (Wehrmacht), costituendo inoltre un modello organizzativo e tattico per gli eserciti di tutte le altre grandi potenze mondiali.
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