DRONI PER LA DIFESA, L'ATTACCO E ANCHE PER I MASS MEDIA, ATTRAVERSO IL DRONE JOURNALIST, ECCO LA NUOVA FRONTIERA DOPO PARIGI


Per l'Anno Santo sono stati intensificati i dispositivi di sicurezza e controllo nell'ottica di nuovi strumenti e metodologie, l'AMI mette in campo anche i droni del 28° Gruppo

 

Di Cristina Ferrigni, giornalista radiotelevisiva,

Del 23 novembre 2015

 

È naturale che il livello di preoccupazione possa crescere in coincidenza con l'imminente avvio del Giubileo e una particolare attenzione viene dedicata al rischio che l'attacco terroristico possa essere portato dall'alto utilizzando anche dispositivi aerei a pilotaggio remoto”. Lo ha dichiarato il Ministro dell'Interno, Angelino Alfano, a pochi giorni dall’attentato di Parigi.

Autorizzare l’uso degli APR (Aeromobili a Pilotaggio Remoto) dell'Aeronautica Militare Italiana, più comunemente conosciuti come droni militari, a supporto dei tradizionali sistemi di sorveglianza e ricognizione del territorio, rimarca la funzione di questi dispositivi, pronti a sorvolare i cieli di Roma, durante il prossimo Giubileo. Per le celebrazioni dell’Anno santo, l'Aeronautica Militare farà decollare i droni del 28° gruppo "Streghe" dalla base del 32° Stormo dell'Aeronautica Militare di Amendola (Foggia). Saranno impiegati il Predator A+ (MQ-1) e il più grande ed evoluto B (MQ-9A). Non si tratta di una misura eccezionale. L'impiego dei droni del 28° Gruppo "per controllare manifestazioni, stadi, strade, autostrade e sorvegliare aree specifiche" è previsto dall'accordo siglato un anno fa (il 27 novembre del 2014) tra Aeronautica Militare, Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri.

 

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Dall’8 dicembre prossimo (data di inizio del Giubileo), le piazze della Capitale saranno costantemente controllate dall’alto e ci sarà l'interdizione di sorvolo durante le celebrazioni. E mentre, in Italia, si discute sulla possibilità di “armare” i predator B italiani, acquistando dagli Stati Uniti d’America le parti necessarie ad agganciare sotto i nostri droni missili e bombe (convertendo così la mission dei dispositivi dalla tradizionale ricognizione in aree ostili alla neutralizzazione di minacce), il concetto di aeromobile comandato a distanza assume, nell’altra parte dell'opinione pubblica, una valenza positiva, oltrepassando i confini dell’uso bellico. Gli impieghi del drone, infatti, sono molteplici.

Nella Capitale sono al vaglio alcuni progetti che utilizzeranno questo strumento per la prevenzione dei reati, per le indagini anticrimine e per l’impiego nei soccorsi di ogni genere, da quelli sanitari e quelli di protezione civile.

Non è fantascienza credere che il drone, nel prossimo futuro, potrebbe trasformarsi in un mezzo di trasporto per la consegna dei pacchi. Sembra che il primo mercato su cui verrà avviato il progetto Prime Air sarà quello indiano.

Anche Google è al lavoro per un progetto simile: portare la connessione Internet nelle zone più remote del Continente. Non è un caso, infatti, che abbia già acquistato la Titan aerospace, un produttore di robot volanti.

Non fantascienza ma una nuova realtà quella che si presenterà sotto i nostri occhi, con i droni che invaderanno i nostri cieli, spostando la logica della esplorazione e del controllo dall’alto verso i basso.

Definirla la rivoluzione copernicana del terzo millennio, almeno per l’Italia, non è azzardato se si pensa che presto la polizia li utilizzerà per servizi di ordine pubblico, negli stadi e per i cortei.

Negli ultimi mesi, la ricerca universitaria, ha portato alla creazione del cosiddetto “ciclo di produzione italiano”. Si tratta di progetti per l’ingegnerizzazione di velivoli leggeri ad ala rotante (con peso compreso tra i 700 e i 2.000 gr), in grado di volare fino a 1.000 metri d’altezza e stazionare in posizione verticale, compensando anche l’effetto dei venti.

 

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L’applicazione di questo tipo di drone sarà destinato, principalmente, al controllo del territorio per la salvaguardai dell’ambiente, essendo il sistema in grado di rilevare con precisione la presenza di rifiuti su un determinato suolo e sulle acque, consentendo anche un monitoraggio in 3D delle matrici di aria di acqua e di suolo. Se l’impiego dei droni in ambito militare e civile è ormai un concetto acquisito, l’utilizzo di questo strumento per “fare informazione” rappresenterebbe un cambiamento epocale.

È il Drone Journalism la nuova frontiera della comunicazione. Si tratta di dotare i giornalisti di droni in grado di supportare il lavoro del reporter raccogliendo immagini strategiche dall’alto. Pensiamo al lavoro del reporter in aree di guerra. 

Se ne è parlato, la prima volta, l’8 ottobre del 2014 in occasione del Roma Drone Conference, il ciclo di conferenze dedicate ai diversi settori di applicazione di questa nuova tecnologia. Curiose le regole ai cui il giornalista dovrà attenersi. Per far decollare il suo drone (che non dovrà superare i 25 chili di peso) il giornalista dovrà avere in tasca un "patentino" (in pratica un attestato di volo). Documento sufficiente per essere in regola. Occorre invece ottenere la licenza di volo se il drone pesa più di 25 chili. Il giornalista dovrà anche assicurarsi per danni eventuali contro terzi.

Se da una parte l’uso delle “piattaforme volanti” per i reporter consente di realizzare video e immagini da una prospettiva unica volando, ad esempio, in tempo reale sopra il teatro di una rivolta con un aggeggio agile, e a basso costo, dall’altra grava, minaccioso e costante, il rischio legato alla circolazione globale dell’informazione stessa, che tende a far prevalere la velocità sull’approfondimento della notizia.

È vero, siamo nell’era della digitalizzazione e la caccia all’informazione si conquista a “suon di droni”. Una specie di “guerra stellare” dove la ricerca della novità si scontra, a volte, con il gusto del sensazionalismo, ribaltando (in negativo) la tradizionale logica verticale della informazione giornalistica.

 

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