Di Anila Tozaj 09.06.2014
"Sigurimi", un nome che faceva accapponare la pelle di tutti gli albanesi! Si tratta dei servizi segreti dell’epoca comunista che si presume siano stati lo scudo che ha difeso, fino alla fine, il regime. Comunismo albanese “made at home” è stato descritto da tutti gli studiosi a livello internazionale, ma nessuno poteva mai immaginare la potenza di questa polizia segreta. Secondo Katriot Myftaraj autore del primo libro sul tema “Sigurimi i shtetit 1944-1991- Storia della polizia politica del regime comunista”, sarebbe stata la polizia “più” segreta nella storia delle paritetiche del ventesimo secolo poiché non è mai esistita una legge che stabiliva le sue funzioni e la sua posizione. Operava solo in base a una piattaforma del Comitato Centrale del Partito che in realtà, formalmente non aveva nessun potere legislativo. Ancora oggi gli agenti di Sigurimi sono difficili da decifrare, e intorno a loro ci sono molte ombre e suggestione. A oggi, la maggior parte dei “sigurimsi” sono anziani, e se interrogati, parlano molto, ma non dicono NIENTE.
Vengono descritti come i veri guardiani del regime di Enver Hoxha, l’uomo che spuntò all’improvviso come leader comunista tanto misteriosamente quanto Sigurimi. Dal 1941 in poi, copiava fedelmente il modello comunista jugoslavo nella costruzione delle strutture del potere e per questo aiutavano vari emissari jugoslavi inviati in Albania, Miladin Popoviq, Dushan Mugosha e Velimir Stoiniq che hanno partecipato in tutti gli incontri storici dei partigiani albanesi. L’unica anomalia era che, dalla guerra partigiano-comunista e fino al 1946, in Albania non esisteva nessuna struttura di servizi segreti o qualcosa di simile, che potesse significare solo una cosa; che NOV (Servizio delle Indagini dell’Esercito Popolare Liberatorie Jugoslave) e PO (Forze Partigiane) stendevano il loro potere giuridico anche in Albania durante la seconda guerra mondiale. Tito aveva subito istituito questo tipo di servizio mentre la versione ufficiale dei servizi segreti Albanesi parla della creazione del Servizio Centrale Informativo il 20 marzo 1943, dal Comitato Centrale del Partito e già il 30 aprile fu dato l’ordine di creare le sezioni in tutto il Paese.
Nel frattempo Tito fondava l’OZN, Sezione per la Sicurezza del Popolo, sotto le cui dipendenze entrarono a far parte tutte le altre sezioni di spionaggio e controspionaggio. Insomma, se il comunismo albanese era “made at home”, non si poteva dire certamente del famigerato Sigurimi, che risulta sia stato partorito dalle cellule sei servizi jugoslavi. Infatti il 13 maggio 1944 Tito trasforma OZN in OZNA, Dipartimento per la Sicurezza del Popoli, una struttura creata in base al modello sovietico allo scopo di fare controspionaggio e difesa dei territori controllati dalle forze partigiane, guerra contro il nemico interno. Lo stesso, in Albania, continua a costruire altre strutture ma niente nel campo dei servizi, poiché non era indispensabile visto l’appoggio del vicino slavo. Il primo capo dell’OZNA in Albania, fu Dushan Mugosha che dopo guerra in Jugoslavia diventò generale del UDB.
Per non ammettere questa mancanza, gli storici filocomunisti, durante la guerra, presentano il DMP (Dipartimento per la Sicurezza del Popoli ) come servizi segreti albanesi, conosciuta anche come le “forze dell’inseguimento”. Ma dagli studi post-comunisti risulta che il DMP non era segreto, ma un corpo speciale armato che si occupava di eliminare gli oppositori politici del regime. Si trattava di un effettivo di 5000 persone circa, che secondo il modello sovietico, copiato anche dai jugoslavi, lavorava vicino alla polizia segreta (all’epoca NKGB) che faceva da servizi segreti anche per i comunisti albanesi. Insomma, ogni operazione aveva l’impronta jugoslava cominciando dagli slogan “morte al fascismo-libertà al popolo” (Smrt fašizmu – sloboda narodni).
Koci Xoxe (Foto web)
Nel frattempo il primo direttore del DDP (Direzione della Difesa del Popolo) diventa Koci Xoxe ( aveva finito solo le elementari) affiancato dal vice Nesti Kerenxhi, entrambi di origine della stessa zona dell’Albania, Korçe. Questa struttura non era ancora parte del Ministero degli Affari Interni che all’epoca gestiva solo le forze della polizia. Tuttavia, questi organi statali erano strettamente legati alla Jugoslavia, tanto che l’Archivio dei servizi segreti albanesi anteguerra e della seconda guerra mondiale, appena sequestrato dai partigiani, venne consegnato direttamente in mano all’OZNA che lo portò a Beograd dove si trova ancora oggi. Una decisione che ha ingenerato forti perplessità poiché tranne il periodo 41-48, i rapporti tra l’Albania e Jugoslavia erano stati da sempre conflittuali. Sembra che la documentazione ricevuta abbia aiutato a realizzare una lista nera di tutti i kosovari della resistenza anti-jugoslava, uccisi nell’arco di pochi mesi, dicembre 1944 e maggio 1945. Si parla di cifre da genocidio, circa 50 mila kosovari (racconta nel suo libro Myftaraj).
Mentre nel 1946 l’OZNA jugoslava diventa DB Državna Bezbednost (Sicurezza dello Stato) prendendo come modello quello sovietico, ecco che non perde tempo anche il Paese delle Aquile sempre pronto a seguire le orme comuniste sovietiche senza nessuna esitazione. Così i servizi segreti entrano a far parte della struttura del ministero degli Affari interni. Spartak Ngjela, ex-detenuto politico descrive la polizia segreta come una caratteristica inevitabile del potere autoritario, e che il Sigurimi albanese ha svolto per più di 40 anni il compito diretto di conservare in tutte le maniere il regime comunista. Ma il contributo jugoslavo aveva lo scopo di avere sotto controllo il Paese delle Aquile (e probabilmente sperava anche la sua annessione come settima repubblica della ex-Jugoslavia).
Prendendo istruzioni sia dagli jugoslavi che dai sovietici, il dittatore riusciva a tenere un equilibrio del suo potere studiato con astuzia. Per tranquillizzare gli jugoslavi che speravano di avere loro sotto controllo il controspionaggio albanese, viene scelto appunto l’ortodosso Koci Xoxe, (anche se della chiesa greca) omologo perfetto per il serbo Aleksader Rankovic, che aveva inviato i suoi emissari in Albania per tenere sotto controllo la situazione. Nel frattempo il capo di Sigurimi, Xoxe fu nominato contemporaneamente anche ministro degli Affari Interni. Lui era il servo assoluto di Hoxha e appena ricevuto il potere diede avvio a un clima di terrore e torture contro “i nemici del popolo”. In particolare, i primi anni di Sigurimi furono caratterizzati da esecuzioni, impiccagioni e arresti senza pensare al classico compito della costruzione di una rete di spionaggio e controspionaggio.
Arrivando al potere come l’unica forza vincitrice, i comunisti lavorarono molto per indebolire le altre possibili forze politiche, i cui membri furono uccisi o riuscirono a scappare dal Paese. Mentre il sud del Paese si dimostrava alleata del nuovo regime, il nord, Scutari e il resto, si opponevano al regime anche tramite movimenti armati. La loro reazione fu pagata cara, perché il regime diede mano libera a Sigurimi che non si fermò: fucilazioni in massa e centinaia di famiglie internate in campi di concentramento. Oggi non è rimasta nessuna traccia di questi campi, ma testimoni ancora in vita raccontano del famigerato Campo di Tepelene. L’unica traccia rimangono gli schizzi in matita di piombo di Lek Pervizi, un detenuto che aveva disegnato con cura ogni dettaglio dell’edificio per lasciare così una testimonianza per le generazioni future. Somigliano molto a quelli realizzati dai nazisti. Un ex-detenuto del Campo di Tepelene, Simon Mirakaj era appena nato quando avevano internato la sua famiglia , solo perché aveva uno zio ex-collaboratore del fascismo e il padre Pal Mirakaj, che aveva lottato contro i comunisti. Oggi Mirakaj denuncia che nel campo dove passò metà della propria vita fino alla gioventù, morivano tutti i giorni bambini. Erano circa 400 i piccoli morti, principalmente di fame.
Un altro target di persecuzione diventarono tutti quelli che avevano qualsiasi tipo di legame, lavorativo, di amicizia o amore, con americani e inglesi subito dopo guerra. Sigurimi non si risparmiò nemmeno in questo caso. Viktor Adami, figlio del segretario dell’ambasciata americana in Albania, racconta la terrificante esperienza dell’arresto del padre torturato per 8 mesi di fila fino alla morte. Durante la permanenza, la moglie andò a trovarlo assieme ai due figli maschi, di 5 e 3 anni. Dentro la cella lo trovano disteso, praticamente già privo di vita. La moglie cercò di coprirli la spalla, ma era rotta e si scoprì che la ferita era già piena di vermi. Poco dopo la morte del padre, venne fucilato senza processo anche il nonno di Viktor Adami. Assieme a lui anche un altro ex-impiegato dell’ambasciata americana e all’epoca il vicedirettore della Banca Nazionale, Kol Kuqali, pur essendo padre di due partigiani albanesi, morti durante la seconda guerra mondiale. Fu torturato anche lui per non aver accettato di pareggiare il valore della moneta albanese con il dinaro jugoslavo. Una scelta finanziaria che nel dopoguerra aggravò la rovina economica.
Ma ecco che l’aria politica di Hoxha porta altri cambiamenti. Rotti i rapporti tra la Jugoslavia, il “soldato” Hoxha si butta nelle braccia di Stalin dimostrando subito la sua fedeltà. Sacrifica la testa del numero uno di Sigurimi, Koci Xoxe, accusandolo come spia jugoslava e che aveva messo sotto controllo alti dirigenti del Partito, mettendo il Sigurimi al di sopra del partito. Niente era basato su fatti e verità poiché Xoxe dipendeva completamente dalle decisioni di Hoxha stando sempre sotto l’ombra del comandante. Arrestati e internati anche gli uomini di fiducia. A seguire il filo sovietico Mehmet Shehu diverrà successore di Xoxe e il vice direttore Kadri Hazbiu, come viene indicato nel libro “KGB, Storia delle operazioni politiche” More Instructions from The Centre: Top Secret Files on KGB Global Operations 1975-1985 (1992, with Oleg Gordievsky), dello storico dell’Università di Cambridge, Christopher Anderw e l’ex agente segreto del KGB Oleg Gordievsky. Così le sedie ancora calde dei consiglieri jugoslavi (scrivono ancora nel libro), vengono subito riempite dai russi, che dopo la rottura di Hoxha con Tito prendendo in mano la struttura “fragile” di Sigurimi.
Enver Hoxha. Consegna di una medaglia a Kadri Hazbiun (Foto web)
Il contributo sovietico viene indicato come prezioso anche da un ex-alto dirigente di Sigurimi che li descrive come competenti e molto capaci (alcuni erano anche eroi nazionali). Con la loro esperienza portarono a tecniche innovative dello spionaggio dell’epoca. “Un metodo è stato quello di Pal Melyshi, infiltrato da Sigurimi al nord del Paese, dove si conservava forte l’anticomunismo e dove si stavano preparando per una ribellione armata, repressa dal regime proprio grazie a questa tecnica. Lo scenario ricostruito è ferocissimo. Lui, un infiltrato e Sigurimi che “fa finta” di condannarlo, ma fanno la stessa cosa anche con la sua famiglia, internandola e torturandola per davvero. Nel frattempo, Mehmet Shehu Capo di Sigurimi, e il suo vice Hazbiu vengono tenuti sotto lo stretto controllo dell’unico uomo di fiducia di Hoxha, Hysni Kapo. Nel giro di soli 5 mesi si fa il processo di Koci Xoxe, profondamente trasformato. Incredibilmente, per essere un uomo che conosceva bene i trucchi del mestiere, accettava davanti a tutti di essere stato reclutato dagli angloamericani e altre accuse inesistenti e assurde. Così senza rendersi forse conto sottoscriveva la propria fucilazione. Anni dopo non ebbe un destino migliore il suo successore Shehu, che si suicidò (almeno questa fu la versione ufficiale), mentre il suo vice Kadri Hazbiu venne arrestato.
Secondo le suddette piattaforme, sulla base delle quali operava Sigurimi, uno dei compiti principali era la guerra contro le spie stranieri. Questa “lotta” era stata inventata dalla propaganda soffocante dell’epoca, per dimostrare agli albanesi, durante il regime comunista, che il Sigurimi aveva raggiunto successi enormi, inimmaginabili nella “ferocia lotta” contro i servizi segreti occidentali, americani, sovietici, britannici, italiani, greci, jugoslavi, tedeschi dell’ovest, polacchi e tanti altri. La cosa che intriga in questa propaganda di forte impatto, è come non è mai stato nominato il KGB sovietico, fra i servizi più potenti del mondo, e tanto meno la STAS-i dei tedeschi dell’est. Un'altra cosa che stupisce è come mai il regime solo alla fine della sua esistenza, ha fatto sparire tutte le cartelle che nascondevano le informazioni sugli agenti doppiogiochisti legati ai servizi segreti stranieri.
Sembra che tramite gli ordini 1 e 7 datati 12 febbraio 1991, il ministro degli interni Hekuran Isai, ordinò che venissero distrutte: “le cartelle sui reati prescritti, cartella dell’elaborato 2A e 2B per agitazione e propaganda, tentativi di fuga, agenti al servizio delle agenzie straniere di spionaggio. Migliaia di persone sono state condannate come agenti segreti degli americani, OSS e CIA, servizi segreti britannici, SIS e MI6, poi anche dei servizi segreti greci che Sigurimi continuava a chiamarla ASFALIA, pur avendo cambiato nominativo già nel 1952 diventando QYP, e dopo dal 1986 EYP, poi i servizi segreti italiani SISMI e SISDE, il servizio segreto jugoslavo UDB. Sigurimi continuò a chiamarlo così anche dopo la Quarta Sezione Plenare del Partito Comunista Jugoslava nel 1966 quando UDB divento Servizio della Sicurezza dello Stato (SDB) , poi la KGB sovietica ecc.
La faccenda tristemente interessante ingenera perplessità: come mai Sigurimi processava come spie dell’ASFALIA migliaia di persone anni dopo il 1952, quando Asfalia non esisteva più e c’era solo il QYP (Qentriko Ypiresia Pliroforion)? Anche se il servizio segreto Jugoslavo era ormai SDB, Sigurimi firmava atti di accusa come spie dell’ormai inesistente UDB. Nel caso in cui Sigurimi abbia davvero lottato contro gli agenti stranieri e soprattutto contro quelli jugoslavi, greci e sovietici, le cartelle con le pratiche erano indispensabili per fornire delle prove e fatti concreti da tramandare alle generazioni future. Tutte queste domande senza riposta portano però a pensare che la lotta di Sigurimi consisteva nel trovare capri espiatori, avere la garanzia di poter condannare e aggravare la posizione dei “nemici”, spesso anche per motivi di odio personale.
Oppure, con questi “errori e ignoranza” il regime cercava di trasmettere ai greci e i serbi un messaggio in cui tranquillizzava del fatto che la loro guerra era finta e che si trattava solo di propaganda interna? Eliminare le cartelle legate alle spie dei servizi stranieri porta alcuno studiosi a questo genere di ragionamento; che forse si trattava solo di un trucco propagandistico e che mai i servizi segreti stranieri hanno operato seriamente per buttare giù il regime comunista albanese che sopravviveva tranquillamente grazie ai compromessi geopolitici delle due superpotenze. In conclusione, nonostante la ricostruzione degli studiosi, restano numerosi punti di domanda, vista la scarsità delle testimonianze interne degli uomini di Sigurimi.
Fonti e bibliografia
- “Perché parlo…” (“Pse flas…”) di Neshat Tozaj 1992;
- “Storia della polizia politica del regime comunista” (Sigurimi i shtetit 1944-1991) di Kastriot Myftaraj;
- Documentario del canale televisivo albanese ABCNews, Marzo 2013 https://www.youtube.com/watch?v=_FZpNFcr3lk
Anila Tozaj è giornalista freelance albanese e mediatrice interculturale. Laureata in “Scienze Internazionali e Diplomatiche”, vive in Italia da oltre dieci anni, dove, tra le altre cose, si occupa dell’Ufficio Stampa della Croce Rossa di Gorizia, sede provinciale. Inviata di testate nazionali del suo Paese, svolge anche l’incarico di “interprete giurata” presso varie istituzioni italiane. In qualità di ricercatrice storica e giornalista, ha curato numerose traduzioni di pregiati testi, dalla lingua albanese in italiano. Contatto: temapress@yahoo.it