ANALISI DI UNA PAURA


Il terrorismo, la cultura e l'integrazione in una società che ancora stenta a coordinare la giusta direzione per conquistare l'obiettivo "sicurezza"

 

di Leandro Abeille

Roma, 08 aprile 2016

 

 

 

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L’eco degli attentati di Bruxelles si è affievolito, quello per la bomba nel parco giochi di Lahore non ci è nemmeno arrivato. Per l’Europa continua la lunga marcia nel tunnel del terrore strisciante, alti picchi di paura ma di breve durata, come dopo l’attentato a Charlie Hebdo, come dopo il Bataclan, anche il Belgio diventerà un ricordo affievolito. Qualche complottista griderà ancora al “false flag” sulla scia delle teorie cospirazionistiche dell’11 settembre, ma alla fine i social, dopo le candeline e le bandiere per ricordare le vittime, si riempiranno di nuovo di barzellette e bufale. La vita continuerà, almeno finché il picco del terrore non si alzerà di nuovo, alla notizia di un altro attentato, in un’altra città. E’ il terrorismo baby. I servizi segreti e le Polizie cercheranno di prevenire attentati, qualche volta ci riusciranno, altre no. Nessun complotto dietro, anche loro sono umani e ragionano in base a stimoli che possono essere intesi in un modo o in un altro. Non hanno ancora inventato la palla di vetro per sventare gli attacchi terroristici e tutte le critiche arrivano sempre dopo, da chi dice che si poteva fare una cosa o l’altra. Sono i profeti del passato e non del futuro, a cui una critica, a questo o quello, garantisce dei “like” in più. Chi non smette mai di pensare a farci del male, chi non dimentica, chi non ha mai alti e bassi, sono i terroristi. Loro sono sempre decisi a portare in casa nostra la loro fabbrica di morti.

In Italia stiamo aspettando il nostro attacco, tra paure che accada e speranze che non succeda, nel frattempo, i politici dicono che va tutto bene, esaltando ogni espulsione di qualche presunto radicalizzato, chi ci protegge, al contrario, non è proprio certo della nostra preparazione. Il nostro sistema sicurezza, nella sua interezza, ha delle debolezze strutturali. Chi lo denuncia non viene ascoltato. Il Segretario nazionale del SAP, Gianni Tonelli , per oltre 60 giorni è stato in sciopero della fame per denunciare la vetustà delle armi (la mitraglietta in dotazione alle Forze di polizia, la PM 12 della Beretta, è in uso dagli anni 70), di uomini (l’età media del corpo è la più alta d'Europa), di mezzi (dalle auto, ai giubbotti antiproiettile), di addestramento, della Polizia di Stato (e le altre Forze di polizia non stanno meglio) e l’inerzia dei vertici della sua Amministrazione. Nessuno lo ascolta; anzi, hanno proposto, per lui, delle sanzioni disciplinari.

Sul fronte dello scenario internazionale, l’Italia è relativamente tranquilla, almeno finché non faremo valere i nostri interessi in medioriente o non saremo maggiormente coinvolti nella lotta a Daish (conosciuto in occidente come ISIS), perché un conto è addestrare i curdi peshmerga o far partire i droni USA da Sigonella, come abbiamo fatto finora, un altro è stanare lo stato islamico con i carri armati “Ariete”.

 

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Il Premier Renzi ha dato la sua ricetta: un euro in cultura, ogni euro speso per la sicurezza; seguendo la teoria che l’integrazione è la migliore arma contro il terrorismo. Una teoria che lascia un sacco di questioni aperte: la cultura dipende dalla visione della vita di un gruppo sociale, per cui si sceglierà Garzia Márquez o Ezra Pound? Un giovane musulmano rimarrà affascinato da Dario Fo o da Sayd Qutb? Meglio un libro di Coelho o uno di Khomeini? E’ sbagliato pensare che con la cultura si cambia tutto, perché i terroristi non sono a digiuno di concetti umanistici e filosofici, tutt’altro, sono portatori di istanze di cambiamento della nostra società, secondo una loro visione. La visione di quello che i terroristi hanno in serbo per la nostra società, non è ben chiara agli occidentali ma sarebbe un fatale errore pensare che non ci sia, dietro ogni terrorismo, un progetto politico, sociale ed economico.

Molti sostengono che dovremmo preoccuparci dell’immigrazione, dal punto di vista economico, potrebbe essere così, ma non dal punto di vista della sicurezza antiterrorismo. Dovremmo preoccuparci, invece, della nostra perdita d’identità culturale, a scapito di un affascinante Islam radicale che attrae non solo chi nasce musulmano, in terre dell’Islam o in terre di emigrazione, ma anche chi nasce di altre religioni. E’ dalla profonda conoscenza di quell’Islam, delle sue istanze, dalle sue verità e dalle sue bugie, dalla fine delle pericolose amicizie che l’Occidente, affamato di petrolio, continua a farsi in Africa, Medioriente e nella penisola Arabica, che arriveranno le risposte contro il terrorismo. E' dal far fronte all’Islam vero (e non all’idea stereotipata che ci siamo fatti) e dalla fine della dipendenza dall’oro nero, che passa la lotta per la libertà e la sicurezza di tutti.

 

 

Leandro Abeille è giornalista e sociologo, OSCE Law Enforcement Instructor.  

  

 

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