COME TI “ACCENDO” … LA CREATIVITÀ


Cameraman di giorno, inventore di sera! In tempi di ristrettezze, l’artista Federico Colladon ci spiega come riciclare i materiali, a cominciare dai vecchi accendini esausti, per realizzare modellini, lampade e perfino originalissime collane

 

Di Graziana Migliaccio, giornalista                                                                                                                 14.04.2014

Foto di Federico Colladon

 

Che cosa unisce la telecamera e gli accendini? Che domande… la fantasia! 

Quella di Federico Colladon che, cameraman in squadra con i giornalisti, nella vita di tutti i giorni, appena può si rifugia nel suo mondo privato, dove molle, dadi, perni, tubi e rondelle diventano automobili, elicotteri, motoscafi e carri armati, facendo tornare in vita gli accendini abbandonati per strada, dimenticati in fondo ad una tasca o persi chissà dove. Un accendino per Federico non è soltanto un accessorio per accendere il fuoco o la sigaretta, ma è un piccolo tesoro, un microcosmo dove da ogni singolo pezzetto può nascere qualcosa d’altro, rigorosamente funzionante.

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Il tutto ha avuto inizio circa venti anni fa, quando un giorno Federico si è chiesto quanto materiale riutilizzabile ci fosse dentro a un accendino, un articolo comune, usato e gettato continuamente in ogni parte del mondo. “Era il 1992 quando, aprendo un cassetto della mia scrivania, ho ritrovato alcuni accendini scarichi di tutti i tipi e, all’improvviso, mi sono chiesto cosa potessero nascondere al loro interno. Così, armato di seghetto a mano e pinze, ne ho aperto uno e… sono rimasto affascinato! Quanto materiale sprecato lì dentro: tra scocca esterna e interno sono infatti più di 10 gli elementi tra molle, perni, dadi e tanto altro ancora! Quindi, ho smontato gli accendini che avevo e ho ordinato tutti i pezzi in diversi contenitori. Insomma, tanto materiale a costo zero: una sorta di modellismo ‘povero’ !”. Così, un po’ come Ulisse, l’eroe curioso per eccellenza, Federico ha iniziato la sua esplorazione spinto dalla voglia di scoprire, conoscere. Quella stessa voglia che ogni giorno, per lavoro, lo stimola a osservare il mondo da dietro la lente della telecamera, “che mi permette di vedere e analizzare la realtà di tutti, mentre attraverso gli accendini costruisco la ‘mia’ di realtà”. 

 

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La prima opera nata dagli accendini è l’uomo “sono stato ispirato dalle rotelle che potevano formare delle giunture e così, un po’ alla volta, sono andato avanti, scoprendo sempre modalità di costruzione nuove e avvalendomi di utensili elettrici sempre più idonei al taglio, abbandonando il seghetto a mano iniziale”. Tutto nasce da un dettaglio,“l’elemento caratterizzante di ciò che voglio realizzare, attorno al quale costruisco tutto il resto. Ogni cosa è quindi solo nella mia mente e, dopo poco, diventa realtà, senza bisogno di appoggiarsi a disegni preliminari, a misure scientifiche o a progetti”.

 

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Ad esempio, per quanto riguarda il carro armato “ho subito pensato a come avrei potuto realizzare i cingoli utilizzando le molle minuscole degli accendini e poi il resto è venuto da sé. Per le moto sono invece partito dal dettaglio delle sospensioni e il telaio, le ruote, il serbatoio e il manubrio li ho dimensionati di conseguenza”. Dietro a molte delle creazioni di Federico ci sono lunghe ore passate a fissare un centimetro di plastica per capire come tagliarlo o bucarlo. Ecco perché è necessario “che tutti gli elementi siano assemblati nella mente. Basta che una proporzione salti per vanificare tutto o, comunque, per complicare molto le cose”. 

 

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Per questo motivo, alcuni oggetti sono stati realizzati in più tempi. E, come ogni buon artista che si rispetti, non mancano i periodi bui in cui “chiudi tutto e aspetti, perché l’ispirazione è un sussulto, un respiro che devi trattenere perché non svanisca”. Il tempo necessario per realizzare un’opera è variabile: alcune sono nate in un solo giorno e altre sono il frutto di mesi e mesi di lavoro: “a volte, per completare un oggetto manca pochissimo, ma l’ultimo componente che non ti viene in mente prolunga i tempi”. Insomma, è tutto istinto ed esperimento “nella mia fabbrica dove io sono l’operaio, il fornitore e l’artigiano!”.

 

 

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Ecco perché dopo un lungo e paziente lavoro di smembramento, selezione, segatura e incastro, il tavolo da lavoro dell’inventore Federico si anima, come la tavolozza di un pittore e, come per magia, la creatività invade e colora tutto, facendo tornare a nuova vita gli accendini, a partire dalla loro sezione, che è di forma ovale “e, a seconda di come viene tagliata, si presta ad innumerevoli soluzioni strutturali”. Negli anni le creazioni si sono succedute numerose: quelle del primo periodo sono state realizzate con l’ausilio della colla, a un certo punto però considerata un elemento ‘irreversibile’, “mentre la creazione deve essere in continuo movimento e permettere al suo inventore di plasmarla e riplasmarla e riplasmarla ancora, dandole sempre nuova vita”, conclude Federico. La colla è stata così sostituita da “semplice” incastro della materia stessa, utilizzando anche le minuterie che si trovano all’interno dell’accendino.

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Quindi, un periodo ante e uno post colla… insomma, già un destino nel nome [Colladon n.d.r]! Inoltre, la maggior parte delle creazioni è dotata di meccanismi funzionanti, come le ruote sterzanti della Cadillac o il circuito per l’accensione del Gazometro. L’Officina di Federico è un luogo dove la curiosità e la fantasia riportano in vita, sotto nuove forme, oggetti altrimenti destinati alla discarica. Un luogo incantato dove perdersi e abbandonarsi al sogno. Almeno per un po’.

Altre fotografie su: www.federicocolladon.com e la pagina uso e non getto su Facebook.

 

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