LA SOLITUDINE DEGLI UOMINI: SINGLE PER SEMPRE


Uomini soli, quanti ce ne sono, come vivono, cosa desiderano, perché le relazioni per loro rappresentano un fuoco da cui tenersi lontani? La Psicologa affronta il tema della solitudine al maschile.

 

 

 

Di Flavia Donadoni

26 gennaio 2015

 

Continua il viaggio attraverso argomenti cari alla psicologia. Dopo aver affrontato temi legati alle difficoltà domestiche, una nuova vita che si sviluppa con il matrimonio, le criticità dovute alla distanza dal proprio compagno, e l'approccio degli uomini al matrimonio, è ancora il turno del "sesso forte" e delle solutidini connesse al ruolo che gli uomini rivestono nell'ambito sociale, questa volta con correlazioni rispetto al pregresso infantile.

"Sono l'ultimo di 4 figli, sono nato su prescrizione dei medici. Signora, faccia un altro figlio e vedrà che starà meglio. Mia madre era affetta da schizofrenia. Adesso verrebbe prescritta una cura farmacologica e una psicoterapia, all'epoca di fare un altro figlio. Mia madre, obbediente, lo fece. Ma in quel momento non era in grado di amare, di prendersi cura di me. Ho subito per tutta la vita il suo sguardo assente, il modo in cui cantava quando non voleva prendere atto della realtà. Non ne voglio sapere di coinvolgimenti, sto bene da solo". Paolo si è costruito una corazza sul cuore per evitare di soffrire ancora, di sentire l'assenza dell'altro nella relazione. Per non correre questo rischio, non si mette in gioco. L'intimità che lo metterebbe a nudo scoprirebbe in modo troppo doloroso il suo bisogno mai soddisfatto. Se si lasciasse andare veramente alla tenerezza, al bisogno d'amore, verrebbe fuori la sua parte infantile, quel bambino che è stato per anni ad aspettare di essere amato come aveva bisogno. E lui non lo sopporterebbe, si sentirebbe troppo in pericolo. Meglio non far entrare nessuno. E' dolorosamente consapevole della sua difficoltà, e ormai, a 57 anni, se ne è fatto una ragione.

  

Uomo-videogame.jpg 

"Non lasciarsi andare all'altro rappresenta una forma di difesa". Foto web

 

Lorenzo, invece, è nel mezzo del cammino, inconsapevole di cosa lo spinge a chiudere le storie dopo essere riuscito a conquistare la lei di turno. "So solo che comincio a notare tutti i suoi difetti, quelli che prima mi apparivano vezzi, e dopo un po’ non li sopporto più. Mi sento soffocare e devo scappare". Più avanti nel percorso terapeutico, la consapevolezza comincia a nascere dentro di lui "Sono stato un figlio unico di una madre che non ha mai lavorato per occuparsi di me. Ero il suo principe e per me voleva il meglio. Mi sembra di tradirla ogni volta che scelgo una donna, mi chiedo se potrebbe andare bene per lei, e dopo un po’ finisco veramente per vederla con i suoi occhi. I difetti si ingigantiscono e io fuggo". Figlio-sposo di mamma, non può darsi ad un'altra. Non può darsi veramente a nessuna. "Quando ero ragazzo, cercavo di assecondare il suo bisogno di avermi sempre vicino, dovevo chiamarla, farle i complimenti per come cucinava, raccontarle cosa facevo, andare a fare compere con lei. Il massimo l'abbiamo raggiunto quando è morto mio padre. Mia madre si è appoggiata completamente a me e io mi sentivo troppo in colpa e addolorato per allontanarla." L'oppressione che ha vissuto nella relazione con la madre fa capolino in ogni altra relazione, finché il percorso terapeutico aiuta Lorenzo a riprendere il suo posto di figlio nella relazione con la madre e a riconquistare la libertà di scegliere un'altra donna senza sensi di colpa.

 

Uomo single.jpg

 

"Perché avere solo un pezzo di mondo quando si potrebbe avere tutto?". Foto web

 

"Ti voglio bene, mi piaci, ma niente di più" dice Maurizio a Patrizia durante una terapia di coppia. Le fatidiche parole, "ti amo", non le riesce a dire. Un progetto insieme non s'ha da fare. Ma stavolta Patrizia non si accontenta, vuole di più per se stessa, è pronta ad altro e Maurizio resta di nuovo solo, fino a che il desiderio di una relazione stabile non inizia ad essere più forte della paura di mettersi in gioco e di assumersi un impegno. Il Peter Pan dentro Maurizio si ribella all'idea di una relazione stabile. "Perché avere solo un pezzo di mondo quando si potrebbe avere tutto?". E' il suo motto. E ancora "Come faccio a sapere che è quella giusta? Se poi c'è altro meglio e io me lo perdo?" Scegliere significa fermarsi e rinunciare a tutto il potenziale non ancora vissuto. L'adolescente ha tutta una gamma di possibilità davanti a sé, una decisione prematura può compromettergli la possibilità di trovare effettivamente la strada giusta per lui e le esperienze che vive gli servono per poter scegliere la direzione da prendere. L' uomo può assumersi la responsabilità (da abilità di rispondere) di rischiare, di sbagliare, di dover tornare indietro o chiedere scusa.

 

aiuto-sposo.jpg

 

 

Quando un adolescente diventa uomo?

Parlando della sua ultima recente e cocente delusione d'amore, una giovane donna racconta "Mi ha corteggiata per mesi, sms, fiori, inviti galanti, allusioni. Mi ha portata a lui piano piano, e quando ero cotta a puntino e ho anche lasciato il mio fidanzato, mi sono sentita dire che avevo frainteso le sue intenzioni, che lui non voleva arrivare a questo punto".

Il "Cuore in Inverno" conosce bene il linguaggio dei sentimenti finché si tratta di sedurre l'altra/o, di portarlo a sé, giocando sul non detto, sugli sguardi, sulle allusioni. E' un maestro, finché non comincia la relazione vera, l'intimità. Quando si passa dal sarà al è allora si tira indietro, si appella alla razionalità, nega tutto quanto è stato, finché l'altra/o si vergogna di esserci lasciata andare a quella parte più tenera e delicata del cuore, quella che a volte rischia di perdere il contatto con la realtà e di vivere di illusioni, che è anche quella che sa andare oltre la realtà razionale e sa cogliere le sfumature dell'anima. La capacità di innamorarsi è intrinsecamente legata alla capacità di lasciarsi andare alla vita, lasciarsene permeare e cogliere gli attimi di felicità che la rendono unica. L'uomo con una forte componente narcisistica resta di fatto solo finché le sue storie sono finalizzate a nutrire il suo bisogno di conferme. L'altro/a nella relazione è funzionale solo ai suoi bisogni e non viene visto come persona da amare ma per quello che rappresenta in quel momento. Conquistarlo, averlo vicino, servono a confermargli che può essere amato, ma non c'è uno scambio autentico. Alla fine di tutto è Stefan, il Cuore in Inverno dell'omonimo film, che resta solo mentre gli altri protagonisti sono in coppia. Ma stavolta l'esperienza amara non è vissuta invano e lo aiuta ad acquisire una nuova consapevolezza delle sue dinamiche. La forza e l'impeto con cui Camille gli rispecchia la sua incapacità di amare aprono una breccia nel suo muro e da quella crepa entra la luce necessaria a vedere dentro di sè. "Ma tu hai ragione, c’è qualcosa dentro di me che non vivo. Non riesco a… ho continuato a concedermi proroghe. Ho fallito con te e ho perso Maxime. Sì, mi rendo conto che non sono gli altri che distruggo, ma me stesso e non ha senso che continui a ripetermelo da solo. Dovevo dirlo a te." E' il dolore che porta Stefan a uscire da sé stesso e a sentire il bisogno, finalmente, di una condivisione autentica e profonda. Narciso alza lo sguardo dall'acqua e vede oltre se stesso.

Esiste una scuola per imparare a relazionarsi?

Dove nascono tutte queste difficoltà e paure nelle relazioni affettive?

Le difficoltà relazionali degli uomini sono una responsabilità dell'intera società, sono lo specchio di una società che ha smesso di coltivare l'interiorità per dare spazio solo a quello che fa audience, che è immediatamente visibile e vendibile. Una società di uomini che non sono pronti mai a diventare padri, rispecchia le paure delle madri di lasciare andare i loro figli, e dei padri di lasciare spazio ai loro eredi. Le origini del disagio vanno ricercate in parte nella storia personale di ognuno, nei propri modelli relazionali, nonché nelle esperienze vissute fino a quel momento. Altro va individuato nei modelli sociali proposti e nella formazione offerta ai giovani. Come e da chi i giovani possono essere aiutati a gestire le proprie emozioni, a imparare a relazionarsi, a sviluppare un senso civico e sociale, a dare valore alle relazioni umane e alla propria evoluzione come esseri umani?

La scuola chiede delle prestazioni cognitive sempre più elevate, il rischio è che i ragazzi imparino tanto ma non riescano a integrare a livello emozionale e spirituale, diventando così degli omini testoni, con una grande testa, il cuore chiuso e difficoltà a percepire i segnali del corpo. Le conseguenze sono, oltre le difficoltà relazionali, la tendenza a seguire i loro impulsi senza saperli mediare, vivere la vita come se fosse un videogioco, diventare facile preda di varie forme di dipendenza e fare una grande fatica a radicarsi nella realtà in cui vivono. I giovani crescono anche e soprattutto attraverso frustrazioni, delusioni, esperienze difficili. E non si finisce mai di crescere. Continuiamo a crescere anche noi adulti, ma i primi strumenti per affrontare la vita ce li procuriamo proprio attraverso le esperienze giovanili. Andiamo in giro con un sacco vuoto che pian piano si riempie di strumenti. Quelle che possono sembrare esperienze inutilmente deludenti o portatrici di sofferenza sono in realtà preziose tappe evolutive, sono gli scalini su cui poggiare i piedi per accedere ai piani più alti. Imparare a accettare la sofferenza e la frustrazione e superare le proprie paure di confrontarsi con il mondo è fondamentale per acquisire questi strumenti e quindi crescere. Uno psicofarmaco dato ai primi segni di smarrimento, un cuscino troppo morbido che impedisce di sentire quanto è dura la terra, impediscono queste tappe. Vengono a mancare così i riti di passaggio, le lotte contro i Draghi per liberare la Principessa. Alla fine della sua lotta, il Principe non ha conquistato solo la sua amata, e quindi la capacità di stare in relazione con il femminile, ma ha anche scoperto il suo proprio valore, ha conosciuto se stesso, i suoi pregi e i suoi limiti, ed è questa conoscenza che gli permette di rischiare ancora e di potersi assumere la responsabilità della propria vita e di costruire in seguito una famiglia. Scegliere di avere una famiglia e dei figli di cui occuparsi implica proprio il passaggio dal ruolo di figlio a quello di padre, passaggio non scontato ormai nella nostra società di eterni adolescenti.

 principe-azzurro.jpg

 

"Il mito del Principe che salva la Principessa e anche se stesso". Foto web 

 

I media ci mostrano modelli di uomini rampanti, che mirano al "successo", alla fama, come se quante più persone ti vedono e ti conoscono e ti ammirano e invidiano tanto più sei importante. Siamo nella società in cui i "Mi piace" su facebook valgono più di un "mi piaci" detto guardandosi negli occhi. Pochi ma buoni, si diceva un tempo... adesso l'unica cosa che conta è l'audience, essere popolari, essere vincenti. Ma cosa vince l'uomo vincente? Tutti lo conoscono, ma lui conosce se stesso? Tutti gli mettono i Mi piace, ma quanto lui si piace? I successi professionali ottenuti bastano davvero a fare di lui un uomo felice e nutrito dentro?

Stiamo disimparando cosa sono le relazioni, e le difficoltà degli uomini di domani saranno ancora più grandi se non li rieduchiamo al contatto, a imparare a tollerare la frustrazione delle relazioni vere, dove non puoi cliccare sulla crocetta e chiudere la chat o eliminare una persona dalla propria vita semplicemente con un clic. Tollerare il disagio di farsi vedere per quelli che veramente si è la mattina appena svegli, nei propri momenti peggiori e non solo splendidi e ben costruiti animali da social network. Nelle relazioni vere ci si mette a nudo, ci si scazza, ci si riavvicina, si sente la propria fragilità e vulnerabilità e ci si affida un po' tremando all'altro, perché consapevoli che la vita prende il suo vero sapore solo quando è scaldata dalle relazioni autentiche, con tutte le paure che possono portare. 

Mipiace.jpg

 

"Le relazioni sociali sono sempre più tendenti al 'virtuale'". Foto web

 

Class Enemy, il bel film di Rok Bicek ambientato in un liceo sloveno e uscito nelle sale ad ottobre, dipinge in modo efficace la modernità educativa e la sua tendenza alla protezione ad oltranza dei giovani dai dolori della vita. Il nuovo professore di tedesco diventa il capro espiatorio del sistema nel momento in cui mette i ragazzi di fronte a loro stessi intendendo essere un educatore come insegnare qualcosa aldilà delle pure nozioni. Pur di far crescere i suoi allievi rinuncia a suscitare la loro simpatia e il loro affetto, li provoca per spingerli sul varco, fargli perdere l'equilibrio e costringerli a un riassestamento. Le sue parole alla fine del film arrivano diritte al cuore a svegliare dal torpore della vita virtuale e rivelano con chiarezza il suo intento. Rivelano così agli occhi finalmente aperti dei ragazzi che incontrarlo sul loro cammino è stato un dono. Sono questi gli incontri che costringono a crescere e a portare fuori il meglio di sé stessi, quello che altrimenti rimarrebbe dentro inespresso per tutta la vita.

Ogni uomo è figlio di una madre...


Innamorarsi e sposarsi non riguarda solo la coppia, ma le famiglie di origine di entrambi, e meno i due sposini sono svincolati dalle famiglie, più le relazioni si aggrovigliano a 360°. "Ci amavamo, per me lei era la donna giusta, ma non andava bene a mia madre. Non so perché, piano piano i rapporti tra di loro si sono guastati, e quella tensione si è istaurata anche tra di noi, poi si è allargata anche alla sua famiglia, a cui non andava giù la disapprovazione di mia madre. E' finita che non potevamo più passare una giornata tutti insieme, le feste erano un incubo e quando tra noi la crisi è aumentata le famiglie si sono schierate e a quel punto anche tornare indietro è diventato impossibile. Ci siamo lasciati e basta, e i nonni continuano a parlare male ai bambini dei loro genitori, dell'uno e dell'altra."

 

mammone1.jpg

 

"Costruire una nuova famiglia, coinvolge anche i nuclei d'origine". Foto web

 

Costruire una nuova famiglia, uscire di casa e mettere su il proprio nido è un passaggio delicato. Alcune madri non vedono l'ora che il figlio abbia una sua vita mentre altre lo vivono come una perdita. Perdono una fase della vita, il ruolo centrale all'interno del proprio nucleo familiare, sentirsi indispensabili per un altro essere. Il figlio se ne va e avrà un'altra donna, e loro entrano in competizione con la nuora come se dovessero dimostrare che sono più importanti e che lo scettro della regina continua a essere nelle loro mani. L'oggetto della contesa finisce così col diventare appunto solo un oggetto, tirato da qua e da là e incapace di prendere una posizione. Uomini forti, abituati a gestire nel lavoro situazioni difficili, di fronte a una madre che li fa sentire in colpa per averle abbandonate diventano come bambini colti a rubare le caramelle. Situazione delicata. Entrambe le donne vogliono una dimostrazione di "amore", vogliono essere riconosciute e rassicurate e il malcapitato non sa come fare per non ferire nessuna delle due. Tagliare il cordone ombelicale con una madre bisognosa/accudente e rinunciare a quell'amore incondizionato e protettivo può rappresentare per un uomo un vero e proprio rito di passaggio che lo porterà a potersi assumersi la responsabilità non solo di se stesso, ma di una relazione di coppia e di una nuova famiglia. E' fondamentale che, con fermezza seppure con delicatezza e amore, vengano messi dei confini tra il nuovo nucleo appena formato e la famiglia d'origine e che i regni diventino due, ognuno con la sua Regina. Quando le due donne si sentono reciprocamente rispettate e accettate nel loro ruolo possono smettere la competizione e anche volersi bene, come Clara e Fèrula, cognate ne La Casa degli Spiriti. L'evoluzione per tutti è la possibilità di smettere di lottare per accaparrarsi l'osso e cominciare ad amare veramente l'oggetto della contesa, che appunto non è un oggetto ma un uomo, e come tale va onorato e rispettato.

...e di un padre

Nella dinamica madre-figlio, il padre gioca un ruolo fondamentale. Più il padre latita nella relazione di coppia, più la madre sposta tutte le sue attenzioni e aspettative sul figlio maschio. Se al contrario rafforza il suo ruolo di compagno della madre, il figlio può svincolarsi più facilmente e crearsi la propria vita.

La figura paterna è per un uomo il modello da imitare, a livello conscio o inconscio che sia. Il modello resta dentro e, finché non viene elaborato, condiziona pesantemente il modo di leggere la realtà e di agire dei figli. "Ero un ragazzino quando decisi che mi sarei sposato con Sandra. Io sognavo l'amore eterno, fedele, ma mio padre si mise a ridere e mi disse chiaramente che queste erano cose da femminucce, che gli uomini non sono fatti per una sola storia. Mi disse che la fedeltà e l'amore vero potevo pure lasciarlo alle donne. In effetti, il suo comportamento era coerente con quanto mi aveva detto, stava spesso fuori casa e quando poteva faceva il filo a tutte le donne che incontrava. Mia madre a un certo punto si è stufata e lo ha mollato, ma lui anche da vecchio continua a mantenere il suo ruolo." Un padre libertino può spingere il figlio a fare altrettanto, ma anche avere un padre che subisce la relazione di coppia in modo passivo e vittimistico può essere un deterrente per scegliere di impegnarsi in una relazione stabile. I genitori hanno un grande potere sui figli, può bastare una loro parola per distruggere o deviare un sogno o un loro talento naturale. E un padre che lo sa è attento al linguaggio che usa con il proprio figlio "Ehi non permettere mai a nessuno di dirti che non sai fare qualcosa, neanche a me! Ok? Se hai un sogno tu lo devi proteggere. Se vuoi qualcosa, vai e inseguila." , dice il protagonista Chris al figlio ne "La ricerca della felicità" (di Gabriele Muccino) quando si rende conto che è bastata una battuta per far perdere al bambino la sua voglia di giocare a pallone e di sognare. Difficile fare i genitori! Camminare come funamboli sulla corda e trovare quel punto limite, che cambia di volta in volta, tra incoraggiare i sogni dei figli e contemporaneamente aiutarli a vedere la realtà per quella che è.

 

Bimbi.jpg 

 

"La persona giusta, arriva quando siamo pronti, o quando arriva siamo pronti a cambiare?". Foto web

 

In finale, una domanda: la persona giusta arriva quando siamo pronti a metterci in gioco o è quando arriva la persona giusta che decidiamo di cambiare, come cantava il grande Pino Daniele?

Io per lei

ho deciso di cambiare

di smettere di rovinare

sempre tutto per colpa della solitudine.

 

 

 

 

 Flavia Donadoni.jpg

Flavia Donadoni è psicologa e psicoterapeuta, lavora con singoli, coppie e famiglie. Ha una lunga esperienza professionale nel sostegno terapeutico delle donne, per il superamento di fasi del ciclo vitale e disagi relazionali. Nel suo approccio terapeutico ha approfondito l’utilizzo e l’integrazione di varie tecniche, tra cui quelle psicocorporee.  è curatrice di vari progetti dedicati alle donne, e autrice di articoli e approfondimenti su riviste specializzate. Per informazioni: www.flaviadonadoni.it - flavia.donadoni@gmail.com 

 

RIPRODUZIONE RISERVATA